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Liliana Cavani 

                  

Gaetana Marrone, Princeton University

 

Regista di lungometraggi, documentari, opere liriche e teatrali, Liliana Cavani si distingue, sin dall’inizio della sua carriera, per l’uso creativo degli strumenti narrativi, per le sottili scelte compositive, per la carica di tensioni emotive. Di formazione classica, privilegia una matrice tragica, rivelando una certa propensione a ispirarsi a un’idea originaria che la guida nella ricerca delle forme stilistiche. Mette in scena personaggi che sperimentano sul proprio corpo la conflittualità fra la realtà storica e quella spirituale, fra il presente e il passato.

 

Una figura in grado di esplorare con lucidità i problemi più vitali della cultura europea e di instaurare un dialogo provocatorio con la società, la regista di Carpi mantiene per tutta la sua carriera saldi criteri laici, un caso raro per la generazione affermatasi negli anni sessanta. Nel 1959, si laurea in Lettere Antiche con il filologo Raffaele Spongano all’Università di Bologna. L’anno successivo si iscrive al Centro Sperimentale di Cinematografia, unica donna ammessa nella sezione di regia, e, nel 1961, vince un concorso RAI per funzionari, inserendosi tra i responsabili dei programmi culturali del secondo canale. Firma importanti documentari e inchieste, che si distinguono per la ricostruzione filologica dei dettagli, per la meticolosa documentazione bibliografica, per la denuncia dell’ordine storico-sociale. Ricordiamo, tra questi, Storia del Terzo Reich (1961-62), L’età di Stalin (1962), Gesù mio fratello (1964), La casa in Italia (1964), La donna nella Resistenza (1965), Philippe Pétain: processo a Vichy (1965), Leone d’oro alla Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia. Nel 1966, Angelo Guglielmi le propone un lungometraggio su Francesco di Assisi. Legge la figura del santo patrono d’Italia in chiave contestataria, come un ragazzo normale che si ribella alla società dominata dalla classe mercantile del padre, e come un giovane dotato di un eccezionale senso della concretezza del reale che sceglie di condividere la vita degli emarginati. Il film, girato on location, provoca accese critiche e un’interpellanza parlamentare. Contestata è anche la scelta dell’attore protagonista, Lou Castel, la cui interpretazione ha una forte carica rivoluzionaria pre-sessantottina. Per la Cavani, è l’inizio di un’avventura emblematica e caparbia. Nel 1989, si cimenta con un secondo Francesco, il cui ruolo è affidato a Mickey Rourke, e in cui l’enfasi cade sul processo introspettivo del protagonista. Nel 2014, con una mini-serie televisiva, ripropone il terzo film sul giovane assisano, accogliendo le istanze del nuovo millennio (la tutela dell’ambiente, l’impegno per la pace, il rapporto con l’Islam). Francesco è una figura sempre riletta in tutta la sua laica attualità. In una recente intervista, la regista ha dichiarato: “Si possono fare viaggi in superficie orizzontale e viaggi in verticale come nel mio caso con Francesco.”

 

I personaggi di Liliana Cavani scelgono di sperimentarsi ai margini della cultura del tempo, confrontandosi con tutto ciò che è conservazione e oscurantismo: lo scienziato visionario messo a tacere dall’Inquisizione (Galileo, 1968); Antigone e Tiresia contro l’autorità politica e giudiziaria di Creonte (I cannibali, 1969); un caso clinico di malattia femminile studiato secondo le teorie di Franco Basaglia (L’ospite,  1971); la reincarnazione di uno yogi tibetano (Milarepa, 1973). Con Il portiere di notte (1974), si entra in uno scenario internazionale. Un film impensabile senza l’analisi del nazismo intrapresa durante l’apprendistato documentaristico, narra l’incontro tra un criminale di guerra (Dirk Bogarde) e un’ex prigioniera di un campo di concentramento (Charlotte Rampling) in un albergo viennese nel 1957. Ritrovatasi casualmente, la coppia rivive l’antico rapporto istauratosi durante la prigionia. Giudicato esteticamente e umanamente offensivo per il contesto erotico sadomasochistico, il film fu sequestrato, assolto, e poi bloccato dalla censura per un anno. Rimane come un’atroce testimonianza del nazismo.  

 

Con Il portiere di notte, la Cavani inizia a farsi interprete di fenomeni storici in cui l’uomo trascende la tradizionale moralità costituita. Lo spazio dell’esperienza individuale si identifica ora con il dominio dello sguardo, metafora di violazione e di potere. Gli interventi della censura si protraggono con Al di là del bene e del male (1977)-ispirato al ménage filosofico tra Nietzsche, Lou Salomé e Paul Rée-e Interno berlinese (1985), in cui la mitologia nazista si proietta nell’amore illecito della moglie di un alto diplomatico tedesco per la figlia dell’ambasciatore giapponese. Da ricordare anche La pelle (1980), un’analisi spettrale dell’occupazione alleata a Napoli, adattato dall’omonimo libro di Curzio Malaparte. Gli ultimi film includono Dove siete? Io sono qui (1993), una difficile storia d’amore tra due non udenti; Ripley’s Game (2002), un giallo psicologico che porta sullo schermo il bestseller di Patricia Highsmith. Nel nuovo millennio, la Cavani ritorna al piccolo schermo con le fiction, un punto d’arrivo di un lungo processo di ricerca espressiva: De Gasperi, l’uomo della speranza (2005), personaggio politico di primo piano nella nascita della Repubblica Italiana; Einstein (2008), un genio della scienza moderna che da sempre ha affascinato la regista; Troppo amore (2012), una storia di stalking della serie Mai per amore, dedicata alla violenza sulle donne. Ricordiamo, oltre alle felici esperienze nella lirica (con la memorabile La traviata del 1990 alla Scala di Milano, diretta da Riccardo Muti), l’esordio nel teatro di prosa al Festival di Spoleto con un classico di Eduardo, Filumena Marturano (2016), a cui segue Il piacere dell’onestà di Pirandello nel 2018.

 

Il cinema di Liliana Cavani drammatizza la solitudine essenziale del soggetto. I personaggi si spingono verso una trasgressione che permette loro di trascendere le strutture sociali del tempo, di avventurarsi oltre i limiti stabiliti e realizzare se stessi. Dall’emblematica spiritualità erotica, violentemente provocatoria, delle figure apportatrici di scandalo a quelle in cui germina l’intuizione impalpabile del mistero, i suoi personaggi sono icone di un processo  creativo di trasformazione istituzionale e culturale.

 

Tra i numerosi riconoscimenti, ricordiamo la cittadinanza onoraria di Assisi (2015), il David di Donatello alla carriera (2012) e il Premio Bresson al Festival di Venezia (2018), conferitole per i suoi personaggi, “uomini e donne in perenne ricerca.” Nel 2020, le Giornate degli Autori a Venezia le dedicano un omaggio internazionale per l’approccio “inclusivo e attento all’alterità come spazio di sviluppo di uno sguardo nuovo e aperto alle diversità.” 

FILMOGRAFIA

Cortometraggi: Incontro di notte, 1961; La battaglia, 1962

Documentari: La vita militare, 1961; Gente di teatro, 1961; Storia del Terzo Reich, 1961-62; Età di Stalin,  1962; L’uomo della burocrazia, 1963; Assalto al consumatore, 1963; La casa in Italia, 1964; Gesù mio fratello, 1964; Il giorno della pace, 1965; La donna nella resistenza, 1965; Philippe Pétain: Processo a Vichy, 1965; Clarisse, 2012.

Lungometraggi: Francesco d’Assisi, 1966; Galileo, 1968; I cannibali, 1969; L’ospite, 1971; Milarepa, 1973; Il portiere di notte, 1973; Al di là del bene e del male, 1977; La pelle, 1980; Oltre la porta, 1982; Interno berlinese, 1985; Francesco, 1989; Dove siete? Io sono qui, 1993; Ripley’s Game (Il gioco di Ripley), 2002; De Gasperi, l’uomo della speranza, 2005 (TV); Einstein, 2008 (TV); Troppo amore, 2012 (TV); Francesco, 2014 (TV).

BIBLIOGRAFIA: Ciriaco Tiso, Liliana Cavani, Il Castoro cinema, no. 21, Firenze: La Nuova Italia, 1975; Paola Tallarigo, Luca Gasparini (a cura di), Il cinema di Liliana Cavani: Lo sguardo libero, Firenze: La Casa Usher,  1990; Luca Goldoni (a cura di), Il cinema di Liliana Cavani, Atti del Convegno Carpi, 25 febbraio-3 marzo 1990, Casaleccio di Reno (Bologna): Grafis Edizioni, 1993; Francesco Buscemi, Invito al cinema di Liliana Cavani, Milano: Mursia, 1996; Gaetana Marrone, The Gaze and the Labyrinth: The Cinema of Liliana Cavani, Princeton, NJ: Princeton University Press, 2000, e Lo sguardo e il labirinto, Venezia: Marsilio, 2003 (ed. italiana aggiornata); Giacomo Martini, Piera Raimondi Cominesi,  Davide Zanza (a cura di), Liliana Cavani: Una regione piena di cinema, Bologna: Falsopiano, 2008; Francesca Brignoli, Liliana Cavani: Ogni possibile viaggio, Recco (Genova): Le Mani, 2011; AA.VV., Liliana Cavani: Santi e peccatori al di del bene e del male, Assisi: AmaRcorD, 2015; Francione Fabio (a cura di), Liliana Cavani: Follia, santità, potere, povertà. Scritti e interviste 1960-2016, Pordenone: Edizioni Cinemazero, 2016.

Interview with Liliana Cavani

To cite this biofilmography, please use this reference: Marrone, Gaetana "Liliana Cavani's biofilmography" Gynocine Project, Barbara Zecchi, ed. www.gynocine.com

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